Il Niger e la sua complessa diversità etnica

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Il Niger è terra di contrasti, con le aree desertiche che si contrappongono alle fertili vallate bagnate dall’omonimo fiume, nonché punto d’incontro delle popolazioni più disparate che nel corso dei secoli hanno saputo trarre vantaggio dalle loro differenze per sfruttare al meglio le limitate risorse naturali del territorio, l’80% del quale è di dominio esclusivo del Sahara.

La prima immagine che visualizziamo se pensiamo al Niger è di povertà estrema, ignari del fatto che il Paese racchiude in sé una grande ricchezza. Quella della sua terra, il cui suolo strabocca di uranio, e quella della sua gente che nonostante la globalizzazione e l’instabilità politico-sociale dell’area, ha mantenuto vivo il legame con la tradizione presente ancora oggi nella celebrazione di festival e rituali di natura ancestrale.

Con una superficie pari quattro volte a quella italiana, il Niger funge da “anello di collegamento” tra i paesi del Maghreb e l’Africa Subsahariana e si esprime in una varietà impressionante di gruppi etnici – e sottogruppi – presenti sul territorio, ognuno con la propria lingua, la propria cultura, la propria storia. Vediamo insieme i principali.

Le due etnie più importanti del Niger – presenti però anche in altri paesi di questa parte del continente - sono gli Hausa, tradizionalmente agricoltori, pastori e commercianti che insieme agli arabi occupano l’area centrale del paese, e i Djerma-Songhai, etnie cugine dedite all’agricoltura e alla pastorizia che si sono stanziate invece nell’Area Occidentale e in alcune zone del Mali, discendenti diretti del Grande Impero Songhai di Gao che nel XV secolo era uno dei più potenti di tutta l’Africa.

Il Niger ospita anche un folto numero di Peul (o Fulani) definiti da qualcuno come i “narcisi della savana” per il loro essere innamorati, specialmente gli uomini, della propria bellezza. I Peul sono tradizionalmente pastori nomadi – secondo alcuni etnografi il più vasto gruppo nomade esistente al mondo – e sono presenti su buona parte dei paesi dell’Africa Occidentale, Africa Centrale e alcune aree del Nord Africa. Tra i Peul spicca il sottogruppo dei Woodabe, noti per l’annuale cerimonia del corteggiamento chiamata Gerewol* che si tiene al termine della stagione delle piogge sul bordo meridionale del Sahara, evento unico nel suo genere di cui avevamo parlato tempo fa con un approfondimento sul viaggio in Ciad I Woodabe e la festa rituale del Gerewol.

Il Gerewol*, incontro dei popoli nomadi, in cui trovano l’occasione ideale per celebrare nascite, trovare moglie, ricevere notizie. Nel corso dei festeggiamenti avviene una sorta di concorso di bellezza maschile (dove i ruoli sono invertiti rispetto a quelli occidentali) e tre delle donne più attraenti della tribù sono chiamate a giudicare il più bello, mentre gli uomini pretendenti si esibiscono in una danza Yake, muovendosi in cerchio ed esibendosi in base a determinati criteri: il portamento, la statura, il bianco degli occhi e dei denti, la voce. Per far risaltare questi elementi i Bororo si truccano con ocra ed adornano il capo con piume, mentre eseguono le danze tipiche della tradizione Fula. Alla fine viene eletto dalle donne il più bello, che sarà destinato a diventare il loro marito o il compagno di una notte.

Rilevante nel paese anche la presenza dei Tuareg (conosciuti come gli “uomini blu del deserto”), allevatori nomadi d’origine berbera che vivono al confine con il Mali e nella regione dell’Air e controllano diverse rotte commerciali attraverso le regioni del Sahara, cui si aggiungono una serie di gruppi minori – e sottogruppi – accomunati, al di là delle differenze linguistiche e culturali, dall’abilità di sopravvivere ai cambiamenti periodici cui la natura li espone da tempo immemorabile e che oggi, con il problema sempre più pressante della desertificazione, diventa l’unico mezzo per non soccombere.

Diana Facile

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