Shopan Ata, la leggendaria moschea sotterranea del Mangystau

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Situato nella parte sud-occidentale del Kazakistan, al confine con Uzbekistan e Turkmenistan, il Mangystau è uno dei luoghi più affascinanti e impervi - oltre che uno dei meno battuti - tra i paesi dell’ex Unione Sovietica: circa 400 km2 di area disabitata dove a fare da protagonisti sono il clima arido, il deserto e la steppa.

Quest’immensa depressione che si affaccia per centinaia di chilometri sull’azzurro del Mar Caspio offre alcuni degli scenari più incredibili che un viaggiatore (navigato e non) possa auspicare: la sensazione che genera nel fortunato visitatore è di essere atterrato su un altro pianeta.

Una landa desolata che ospita antiche necropoli, moschee sotterranee e paesaggi dalla bellezza inenarrabile: la Valle Bazhira, bianca e solitaria, su cui vegliano due speroni di pietra calcarea noti come Zanne che si protendono per oltre 200 metri verso l’alto, e il canyon Zarmish, una tavolozza multicolore resa tale dalle argille colorate delle formazioni rocciose ricche di minerali della zona, sono solo due esempi di quanto la Madre Terra si sia prodigata nel rendere strabiliante e unica la regione del Mangystau.

In questa zona del Kazakistan, già di suo poco popolato, la presenza umana rappresenta una rarità: è più facile incontrare dromedari e cavalli solitari che procedono lenti e trasognati, quasi fossero in contemplazione del paesaggio, che esseri umani. Non è un caso quindi che nel corso dei secoli molti asceti mussulmani l’abbiano scelta come luogo di eremitaggio di cui ancora oggi si possono ammirare le tracce grazie alle numerose moschee sotterranee e i resti di cimiteri con lapidi che portano scolpita la mezzaluna, simbolo della religione mussulmana, accanto a falce e martello, segno della presenza sovietica.

Tra i siti storici e religiosi più interessanti del Margystau c’è la moschea sotterranea di Shopan Ata, nei pressi di un’antica necropoli risalente al X secolo, che vanta origini leggendarie.

Shopan-Ata era un derviscio di Khwaja Ahmad Yasavi, poeta e mistico mussulmano del XII secolo che fece della divulgazione del sufismo la sua grande missione di vita. La leggenda vuole che un giorno, al termine del rituale, il Maestro chiese ai discepoli - tra cui Shopan-Ata - di scoccare una freccia attraverso uno slungyrak (il foro di legno della yurta) e di andare poi alla ricerca del luogo in cui fosse caduta per predicare il sufismo e costruire un nuovo masjid.

Shopan-Ata giunse sul sito dell’attuale moschea e scoprì che quella terra apparteneva al ricco e avido Bayan, si offrì quindi di lavorare per lui come pastore in cambio di un corrispettivo ogni qualvolta fosse nata una pecora bianca. Nonostante l’intero gregge di pecore bianche di nuova generazione, Bayan venne meno all’impegno preso con il giovane pastore e rilanciò con la proposta di pagargli tutto l’anno successivo, se fosse nato un gregge di pecore nero.

Superfluo a dirsi che la storia si ripeté e così Bayan riconobbe il valore di Shopan-Ata come uomo da rispettare, lasciandogli in eredità tutti i suoi beni, oltre al titolo di Santo dei Pastori con cui è conosciuto ancora oggi.

Diana Facile

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