Turismo responsabile in Mozambico

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In un recente report, la banca d’affari Goldman Sachs segnala un boom dell’Africa comparabile a quello della Cina negli anni ’90. Una delle nazioni in grande sviluppo è il Mozambico: se ne parla parecchio, anche sulle pagine economiche dei quotidiani. La guerra è finita da circa 20 anni, l’economia cresce ed il turismo rinasce ecosostenibile, trasformando il Paese in una valida alternativa a Maldive e Seychelles. Durante l’ultima conferenza sul lusso dell’ International Herald Tribune, lo scorso novembre a Roma, l’editore di Iht, Dunbar – Johnson, ha dichiarato: “ nel decennio 2001/2010, sei tra le dieci economie con la crescita più veloce al mondo sono africane”. L’evento romano ha siglato persino il contributo del mondo della moda alla creazione di una nuova Africa, nel rispetto della natura, delle tradizioni, delle culture e dei talenti emergenti che devono essere scoperti e tutelati. Come il giovane stilista mozambicano Taibo Bacar, uno dei vincitori delle Fashion Week Africa.

E’ proprio il Mozambico la destinazione emergente. Niente mondanità, ma un paradiso ecologico con alcuni tra i migliori spot per fare snorkeling, diving e pesca d’altura. E non più solo i carissimi Island-resort che una decina di anni fa hanno rilanciato il turismo nel paese. Nuovi eco-lodge aperti anche nella natura incontaminata della costa. Un segno tangibile del cambiamento è la ripresa del safari nel Gorongosa National Park, dove durante la guerra, gli animali erano stati sterminati dalla popolazione affamata e dai bracconieri avidi d’avorio. Inoltre oziare su spiagge immacolate che cambiano aspetto più volte al giorno per le maree, veleggiare a bordo dei dhow, l’imbarcazione tipica di origine araba, fare raffinati pic-nic su atolli corallini deserti.

Oggi, grazie all’intervento del magnate americano della tecnologia Gregg Carr, che ha finanziato con 40 milioni di dollari un programma di ripopolamento ventennale, i diversi ecosistemi del Parco (oltre 4000 chilometri quadrati) ospitano impala, facoceri, coccodrilli, ippopotami, antilopi, bufali, gazzelle, elefanti. Negli anni Sessanta, prima della guerra d’Indipendenza, era considerato il più esclusivo dei safari in Africa australe. Ma la sua fama è iniziata negli anni Venti, quando i colonizzatori europei che vivano in Zimbabwe, Zambia e Sudafrica organizzavano safari nel parco e concludevano la vacanza sul bel mare. Se un tempo a Gorongosa viveva una delle più variegate popolazioni faunistiche d’Africa, oggi è difficile vedere tutti i Big Five (niente leopardi né rinoceronti), ma rimane la mecca per gli amanti di safari totalmente ecologici: pochi bungalow, poca gente, ospitalità essenziale. E’ uno dei posti migliori per avvistare il servalo o gattopardo africano, da non confondere con l’ocelot, felino raro da incontrare altrove, ormai estinto in tutta la fascia sudoccidentale del Sudafrica. Il Parco è il paradiso degli walking safari e delle passeggiate naturalistiche. Con il massiccio di Gorongosa sullo sfondo, si passa dalla savana alle paludi lacustri, dalla foresta alla prateria.

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