L’Etiopia è uno dei paesi più evocativi che ci sia. Uno di quei luoghi che vive nell’immaginario collettivo da tempo immemorabile e che per la sua ricchezza etnica, paesaggistica, storica e culturale merita ben più di un viaggio nel corso della vita. Ne abbiamo già parlato su questo blog con due approfondimenti legati all’aspetto etnografico dell’Uklì Bulà (Hamer) e della Donga (Surma), cerimonie rituali praticate dalle etnie che vivono nel profondo sud del paese, la Valle dell’Omo.
Ma l’Etiopia è questo e molto altro e il post di oggi lo dedicheremo all’altro: Axum, capitale dell’antico regno della leggendaria Regina di Saba, un luogo in cui storia, leggenda e devozione confluiscono l’una nell’altra regalando emozioni impossibili da dimenticare. Situata nella regione a nord del Tigray, Axum custodisce le tracce di un glorioso passato e costituisce una tappa imperdibile per chi mira ad avere una visione d’insieme - tradizioni, storia e cultura – della culla dell’umanità.
La storia di Axum - che affonda le sue radici nel IV secolo a.C. e raggiuge l’apice intorno al I secolo d.C. - è intimamente legata alla storia della Regina di Saba citata nella Bibbia, nel Corano e nel Kebra Nagast (il libro sacro della tradizione etiope). Secondo le fonti la regina avrebbe affrontato il lungo viaggio verso la Palestina spinta dalla curiosità di conoscere Re Salomone e testarne la saggezza. Una notte di passione e la nascita di Menelik I, destinato a regnare in Etopia alla morte della madre. Giunto ai vent’anni di età, il giovane re scoprì l’identità del vero padre e seguendo le orme materne si recò a Gerusalemme per farne la conoscenza.
A questo punto la leggenda si dirama: una versione narra che al momento della partenza Re Salomone donò al figlio l’Arca dell'Alleanza, la mitica cassa di legno d’acacia a forma di parallelepipedo rivestita d’oro sia all’interno sia all’esterno, costruita da Mosé su ordine divino per custodire le Tavole dei Dieci Comandamenti. La seconda versione vede invece il sovrano affiancare al figlio un compagno di viaggio per il ritorno il quale, prima di partire, trafugò l’Arca dell’Alleanza sostituendola con una copia. Secondo le Scritture la reliquia era intrisa di un potere divino capace di spazzare via interi eserciti a colpi di fuoco e luce per cui, quando Menelik constatò il misfatto, seppur contrariato interpretò l’assenza di eventi nefasti come un segno della volontà divina di portare l’Arca in Etiopia.
Questo tesoro incommensurabile di biblica memoria si troverebbe oggi all’interno della Cappella del Tabot, nella Chiesa di Santa Maria di Sion, uno dei maggiori luoghi di culto di tutta l’Etiopia. L’uso del condizionale è d’obbligo perché di fatto nessuno ha la facoltà di vedere l’Arca dell’Alleanza. L’accesso alla cappella è consentito esclusivamente a un sacerdote designato il cui unico scopo della vita è proteggere l’Arca. Costretto a un’esistenza di totale isolamento, senza contatti con il mondo esterno, il custode trascorre le giornate nella cappella in cui si trova il manufatto e qui mangia, dorme e prega.
In alcune occasioni predefinite, come accade ad esempio durante l’Axum Tsion (la Festa dell’Arca in omaggio a Santa Maria) o il Timkat (l’Epifania Copta), una copia dell’Arca dell’Alleanza – rigorosamente coperta per sottrarla agli occhi della folla - viene portata in processione per la città di Axum tra le danze e i cori dei fedeli, tradizionalmente vestiti di bianco.
Un’esperienza che sa di mistico. Una di quelle esperienze che fanno la differenza nella scoperta di un Paese.
Diana Facile
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