Viaggiare in Ladakh è un po’ come viaggiare sulla luna: un deserto ad alta quota attraversato dal serpente azzurro dell’Indo che regala colore al paesaggio di pietra nuda e lacerata tutt’intorno. Alla sua destra si elevano le cime innevate del Karakorum, alla sinistra i picchi dell’Himalaya, mentre sulle sue rive si concentra la maggior parte dei monasteri della zona, depositari della storia del paese e autentici fari di luce e speranza per i locali, in prevalenza buddisti.
Tra i tanti presenti spicca quello di Hemis Jangchub Cholin che in occasione dell’anniversario della nascita di Padmasambhava diventa il palcoscenico dell’Hemis Festival, una delle manifestazioni più folkloristiche di tutta l’India. Fu edificato nel 1630 durante il regno di Sengge Namgyal tra le montagne che costeggiano il bordo del Parco Nazionale di Emis nin Ladakh, a 3.600 metri d’altezza, ed è il monastero che suscita maggior interesse della regione.
Padmasambhava, il Guru Rinpoche
Come spesso accade nella tradizione buddista, la biografia di Padmasambhava – noto in Oriente con il nome di Guru Rinpoche, Il Prezioso Maestro – è un mix di storia e leggenda non esente da prodigi e imprese sovrannaturali.
Si racconta che nacque nella valle dello Swat da un loto fiorito formatosi dalle lacrime del padre e che fu adottato dal re Indrabhuti dell’Uddiyana, ma ben presto lasciò il palazzo per dedicarsi al Buddismo e farsi monaco.
Le sue peregrinazioni lo condussero nel regno di Saor dove sposò la principessa Mandarava che divenne la principale delle cinque mogli, ma fu poi cacciato con l’accusa di aver ucciso un ministro attraverso l’arte della magia e da lì iniziò a praticare la meditazione nei cimiteri. Quando tornò nello Swat insieme a Mandarava rischiò di essere bruciato al rogo per aver contratto matrimonio da monaco e fu solo in virtù delle capacità acquisite durante il viaggio che ottenne la grazia.
Verso il 786 fu invitato in Tibet dal sovrano Trhisong Detsen di cui sposò la moglie, Yeshe Tsogyal, che divenne la sua seconda partner tantrica. L’anno dopo il suo arrivo, ricorrendo sempre all’uso della magia, riuscì a sconfiggere i demoni della collina di Hepo Ri simboleggianti le divinità pre-buddiste, e i loro seguaci, che si opponevano alla costruzione del Monastero di Samye, il più antico del Tibet.
Ebbe così inizio la sua opera di divulgazione del buddismo nelle terre circostanti, infestate dai demoni: secondo la leggenda raggiunse il Nepal in sella a un cavallo alato azzurro e il Bhutan aggrappato alla seconda moglie trasformata in una tigre volante. Il Monastero Taktshang, arroccato su una falesia nella valle di Paro, è associato a questa tradizione.
Hemis Festival
Celebrato fin dall’VIII secolo nel decimo giorno del quinto mese del calendario tibetano (tse chu), l’Hemis Festival è un’esplosione di colori e ricercatezza che ha pochi eguali al mondo: due giorni di danze e musiche tradizionali, eseguite dai monaci con movimenti lenti e cadenzati, attraverso cui si ripercorrono gli insegnamenti di Padmasambhava, fondatore del buddismo tantrico in Tibet.
Il culmine del festival è rappresentato dal Masked, ballo che celebra la vittoria del bene sul male, con gli artisti che indossano costumi elaborati e maschere dipinte simboleggianti le diverse figure della leggenda.
Assistere all’Hemis Festival, che quest’anno avrà luogo l’8 e il 9 luglio, significa gettarsi nelle tradizioni culturali e religiose di questa regione dell’India intrisa di spiritualità e ricca di paesaggi mozzafiato.
Diana Facile
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