LAOS: ancora lungo il Mekong

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Laos: ancora lungo il Mekong, i villaggi nella foresta (2008) - II° parte 

Dalla Cambogia, via terra, entriamo in Laos, dove, con una grossa lancia, arriviamo all’isola di Don Det. Tramonto sul Mekong: nuvole e bagliori nel cielo all’orizzonte. Con delle biciclette attraversiamo i campi di riso, uomini a lavoro con l’aratro di legno attaccato ai bufali, donne nell’acqua fino ai polpacci a piantare le piantine di riso che trasportano su bilancieri in legno.  Le loro abitazioni hanno due piani, uno in alto per dormire, l’altro, in basso, per consumare i pasti e tenere gli strumenti da lavoro. Con una barca arriviamo all’isola di Dong Khong, poi attraversiamo il Mekong con due chiatte, dove troviamo le venditrici di spiedini di cavallette arrostite! Arrivati a Champasak visitiamo il sito archeologico di Wat Phu, venerato fin dal V° sec. Ha sei terrazzamenti su tre livelli: il viale delle cerimonie con i lingam in pietra, due padiglioni della metà del X° o XI° sec e diverse sculture di Shiva e Vishnu. Da qui partiva la strada reale verso sud che arrivava fino ad Angkor Wat in Cambogia! Poi il santuario, con le sculture di Shiva, Vishnu e Brama, e la sorgente d’acqua sacra. Vicino al ponte laotiano-giapponese visitiamo il grande mercato, con il mitico pesce gatto del Mekong, dai lunghi baffi. In volo arriviamo a Vientiane dove visitiamo subito il Wat Si  Saket, dalle centinaia di nicchie con Budda di ogni dimensione e  il Wat Si Muanng. Dentro fanno diverse cerimonie di “bajii” per legare gli spiriti benigni agli ospiti d’onore con lo spago. Infine lo stupa dorato simbolo del Laos, il Wat Phra That Laung.

L’indomani arriviamo a Udomxai, dove mi ritrovo tra case in legno e foglie di banano. Le donne nei cortili puliscono il mais, i bambini giocano. Tutti mi guardano curiosi e mi salutano. Chiedo a una donna il permesso di fotografare il suo bambino che gioca in una tinozza d’acqua, lei acconsente e mi invita a sedersi nel giardino di casa sua, mi offre delle banane arrostite e dell’acqua. Ci scambiamo qualche frase con l’aiuto del mio piccolo dizionario, si chiama Pam, regalo una penna a suo figlio. Proseguo attraversando un ponte sospeso sul fiume fatto di foglie di banano intrecciato a cavi in ferro. Noleggiamo un camion e partiamo per il nord attraverso la foresta. Sostiamo in alcuni villaggi: donne col costume degli Akha, il copricapo a punta nero ricamato con applicate delle monete di metallo, camminano lungo strada. In molti villaggi non vogliono farsi fotografare e noi, ovviamente, rispettiamo il loro desiderio. Durante una sosta ci offrono pure di fumare oppio da una lunga pipa di bambù, una vera canna! Arriviamo nella cittadina di Boun Tay, mentre faccio una specie di doccia nella guest house, utilizzando un mestolo, scopro una piccola sanguisuga appena sotto il ginocchio, mi precipito a prendere il sale e, in un batter d’occhio è morta!  Prossima tappa Pohngasali, e poi, Hat Sa, siamo a millequattrocento metri. Da lì c’imbarchiamo su due lance a motore e discendiamo il fiume Nam Ou, poi proseguiamo via terra, in un villaggio noto una donna che arranca in salita a trasportare un pesante sacco di riso sulle spalle, le do una mano.

Arriviamo a Muang Ngoi, per le strade ci sono i contenitori delle bombe, aperti e usati come cancelletti dei giardini! Sei milioni di bombe furono sganciate in Laos durante la guerra del Vietnam, una ogni abitante! Ancora lungo il fiume, che, dopo le grotte di Pak Ou, si unisce al Mekong. Arrivare a Luang Prabang dal fiume è decisamente incantevole, si vedono le case in stile coloniale francese o in stile laotiano, che si ergono dalla strada, tra le foglie di palma. Questa è una città tranquilla e sonnolenta. Sveglia all’alba per vedere in strada la questua dei monaci. Ognuno di loro porta un cesto con un coperchio in metallo dove la gente mette le offerte fatte di riso, foglie di banano ripiene, fiori di loto. Il senso del sacro ha varie forme per esplicarsi. La speranza che una preghiera possa essere esaudita accompagna la vita di molte persone, in ogni parte del mondo.

Testo e foto di Letizia Del Bubba

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Photo@Credits by Letizia Del Bubba[/caption]

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