Nel 1984 mi recai in Pakistan, nella Regione di Chitral.
Tra le alte montagne della catena dell’Indu Kush, vive un piccolo gruppo etnico, i Kalash, suddivisi in tre villaggi: Birir, Rumbur e Bumburet.
Del tutto diversi dal mondo che li circonda, sia per religione che per tradizione, vivono una vita semplice, basata sull’agricoltura e sulla pastorizia, lontani dal chiasso e dalla confusione del mondo giù a valle.
Ebbi la fortuna ed il privilegio, quale unica straniera, di condividere alcuni giorni spensierati in loro compagnia. Nel villaggio di Bumburet scattai molte foto a donne, uomini e bambini, conscia che fotografare mi consentisse di fermare il tempo e mi desse l’opportunità di poter fissare i ricordi per sempre.
Molti anni dopo, grazie a Facebook, ho pubblicato alcune foto di bambine e pochi giorni dopo un giovane kalash, Zarin Khan, si è messo in contatto con me, pregandomi, entusiasta, di pubblicarne altre. Mi ha spiegato di essere nato nel villaggio di Bumburet e di conoscere l’ identità di alcune di quelle bambine, mi ha rivelato due nomi: Kirik Begum e Shaheen Gul.
Sono stata sopraffatta dall’emozione.
Erano trascorsi 38 anni e quelle bambine erano ormai diventate donne. L’ho pregato di scattare loro alcune foto e di inviarmele: a distanza di qualche giorno ha esaudito la mia richiesta, inviandomi la foto di Shaheen Gul, oggi madre con accanto il suo bambino, accompagnata dai suoi saluti.
Sono stata travolta da una commozione incredibile, come d’altro canto deve essere stato anche per lei nel rivedersi bambina. Ero commossa ed eccitata allo stesso tempo, solo quarant’anni fa tutto ciò non sarebbe stato possibile. La tecnologia annulla i tempi e demolisce le frontiere, lo scambio di immagini e messaggi contribuisce ad avvicinare e dialogare con il mondo intero in tempo reale.
Poco tempo dopo sono stata contattata da un’altra persona che aveva riconosciuto nella foto il proprio nonno di nome Gantol.
In questo flusso di emozioni mi auguro che nuove identità vengano svelate dando un nome ad ogni volto da me impresso nella pellicola tanto tempo fa.
Testo e foto di Roberta Pedon
Shaheen Gul nel 1984 Shaheen Gul nel 2021