In Colombia, a pochi passi dal confine con il Venezuela, si trova la penisola de La Guajira, un luogo di indicibile bellezza che segna il punto a nord più estremo del continente sudamericano. Occupata per buona parte del suo territorio dall’omonimo deserto che degrada nel mar dei Caraibi, La Guajira è la terra nativa degli indios wayuu, uno dei gruppi etnici più interessanti del paese.
I wayuu, portatori di una cultura ancestrale sopravvissuta alla barbarie della colonizzazione spagnola, affondano le loro radici nel 150 a.C. e sono discendenti di una popolazione proveniente dall’Amazzonia, gli Arawak, che nel territorio arido e impervio de La Guajira trovarono le condizioni favorevoli per sviluppare la propria economia basata sulla pesca e la pastorizia. Ancora oggi, tra di loro, i wayuu comunicano in lingua wayuunaiki (discendente dall’antica famiglia linguistica degli Arawak) che rappresenta per loro un fattore importante di identità etnica e culturale.
Gli indios wayuu si organizzano in clan che ruotano attorno al palabrero, elemento cardine della giustizia e dell’amministrazione della società. Il palabrero – il cui ruolo è stato riconosciuto dall’UNESCO come parte del Patrimonio Immateriale dell’Umanità - è un mediatore la cui missione è redimere le controversie attraverso un messaggio di pace, neutralità e armonia nella società.
La figura della donna riveste un ruolo di primo piano nella comunità wayuu che non a caso viene definita come una società matrilineare. Il prestigio della donna wayuu è intimamente connesso alla procreazione che le conferisce il potere di garantire la continuità e la permanenza della tribù e nella maggior parte dei casi i figli assumono il cognome della madre anziché quello del padre.
I wayuu venerano varie divinità ma l’unica figura che può entrare in contatto con loro è lo sciamano, ruolo spesso attribuito alla donna in virtù del fatto che l’atto di procreare sia intimamente connesso con gli spiriti che possono rivelare il futuro della società attraverso i sogni.
Uno dei rituali più importanti della società wayuu – oltre a quelli relazionati con il legame tra la vita e la morte – riguarda l’iniziazione delle ragazze alla vita adulta.
Il rituale, conosciuto come entierro, comincia quando a una ragazza si presentano le prime mestruazioni: il giorno stesso la giovane viene condotta in una stanza dove le vengono tagliati i capelli a zero. Ad assisterla la madre e la nonna che le preparano una pozione da bere: attraverso il vomito la giovane si libera da ogni impurità e poi, una volta lavata, trascorre tre giorni in solitudine seguendo un’alimentazione adeguata che la rimetta in forma. Il suo corpo viene infine cosparso di erbe profumate (hawapi) che hanno la facoltà di sviluppare seni e fianchi per renderla più attrattiva agli occhi degli uomini e le vengono insegnate le doti della buona moglie tra cui l’arte culinaria, l’ospitalità e la tessitura. Quando si ritiene che la giovane sia pronta, il suo viso viene pitturato a riprova del suo passaggio allo status di donna adulta.
Una delle massime espressioni dell’arte wayuu è rappresentata dalla tessitura a mano delle borse (o mochilas) facilmente riconoscibili grazie ai colori accesi e ai disegni caratteristici che riproducono figure importanti per la cultura wayuu. Realizzare queste borse è per loro un esercizio dal forte significato culturale e simbolico, un modo di concepire e manifestare la vita, i desideri e i sentimenti.
Diana Facile
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