Sul crinale di un mondo sospeso, dove l’azzurro del cielo si confonde con il profilo delle montagne che graffiano l’infinito, si trova il Ladakh, regione dell’India settentrionale che segna il confine tra le vette dell'Himalaya occidentale e il vasto altopiano tibetano (da cui il soprannome di Piccolo Tibet).
Una terra mistica e remota che accoglie i viaggiatori in cerca di isolamento, di pace e di spiritualità; un luogo dell’anima, come piace definirlo a noi di Viaggitribali che in Ladakh abbiamo accompagnato diversi gruppi nel corso degli anni e che lo ricordiamo sempre con grande commozione (e la voglia altrettanto grande di tornare).
Ladakh, il palcoscenico degli dei
Una volta abbandonata la pianura, è il sussurro del vento a guidarti verso l’incontro silenzioso con il divino.
Il Ladakh è un teatro di roccia e cielo, dove ogni scena è un’ode alla grandezza della natura. Sul fianco delle montagne si scorgono i monasteri arroccati come nidi d’aquila, osservatori eterni di vallate che si estendono all’infinito.
Le luci dell’alba e del tramonto, che giocano tra le cime innevate dipingendo il mondo di arancio, di rosso e di viola, segnano il ciclo quotidiano e silenzioso della morte e della rinascita.
I Monasteri, cuore pulsante del Ladakh
In questo scenario paradisiaco si erge, tra i tanti, il Monastero di Thiksey che è uno dei più importanti, e meglio conservati, della regione. Al suo interno un labirinto di stanze narra storie di fede e d’umanità, con i mattoni intrisi di preghiere e i corridoi che echeggiano di passi in cui si intrecciano passato, presente e futuro.
Più defilato, ma altrettanto celebre, è il Gompa di Hemis che in occasione dell’anniversario della nascita di Padmasambhava - il primo e più importante diffusore del Buddhismo in Tibet - ospita l’Hemis Festival, una delle manifestazioni più folkloristiche di tutta l’India.
Custodi di arte e di cultura, i Monasteri del Ladakh sono anche i guardiani del cammino interiore che un viaggiatore inizia quando atterra a Leh, capoluogo della regione, e continua una volta rientrato a casa.
Ben più di semplici eremi e luoghi di culto, i Monasteri del Ladakh svolgono un ruolo cruciale nella vita sociale e culturale delle comunità locali: spesso infatti sono dotati di scuole in cui i monaci, oltre ai testi sacri, imparano l’arte, la storia e la lingua tibetana, preservando la cultura tradizionale nella sua integrità.
Ma non finisce qua.
In Ladakh i Monasteri sono il palcoscenico di un’identità culturale che durante i festival e le cerimonie religiose si esprime attraverso la musica, le danze mascherate e le rappresentazioni teatrali di demoni e divinità. Partecipare a uno di questi eventi è un’esperienza travolgente, che difficilmente si dimentica.
Un addio che è solo l’inizio
Lo sguardo si perde un’ultima volta sul paesaggio solenne del Ladakh, con il cuore pesante all’idea dell’addio. Eppure, ogni momento vissuto sotto il cielo infinito che sovrasta le mura sacre di questa terra celestiale, ti sussurra che la fine non è altro che l’inizio di un nuovo cammino.
Con il suo addio, il Ladakh ti consegna le chiavi di un viaggio interiore che non conosce confini geografici: un percorso da seguire ogni giorno, passo dopo passo, con la consapevolezza che le montagne più alte si conquistano al ritmo lento del camminare.
La fine di un viaggio in Ladakh segna inevitabilmente un nuovo inizio che si porta dietro la serenità dei monasteri, la resilienza delle montagne, la spiritualità delle cerimonie e l’eco delle preghiere che si disperdono al vento.
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Diana Facile
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