La Via della Seta 1996. Dallo Xjniang a X’ian (Shaanxi - Cina) - Parte III°
Dopo Urumqui attraversiamo il Deserto di Gebi, e, in bus e con un taxi collettivo, arriviamo a Turfan, l’oasi famosa per i suoi vigneti. La vinificazione arrivò da occidente sotto la dinastia Tang. Con i suoi canali sotterranei, i karez, è famosa in tutta l’Asia per la sua uva passita. Veniva inviata in casse foderate di zinco riempite di ghiaccio, come omaggio all’imperatore cinese. Capezzoli di giumenta era il suo nome, per la forma allungata dei suoi chicchi. Turfan è a ottanta metri sotto il livello del mare. Visitiamo i resti archeologici della città Gaochang, di epoca Tang e poi capitale degli Iuguri, il Minareto di Emin costruito con mattonelle di fango.
Qui vicino sorge l’oasi di Khotan dove nacque il gioco del polo che si diffuse in Cina e Persia nel VI° sec. d.C., poi gli Arabi lo introdussero in Egitto e, con la conquista dell’Indostan, in India. Con un treno con strette cuccette arriviamo nella città di Dunhuang, che significa “faro illuminante”. Era l’estremo limite occidentale dell’impero cinese. Le Grotte di Mogao, realizzate tra il IV° e il XIV° sec., dovrebbero essere annoverate tra le meraviglie del mondo anche se purtroppo molto è stato asportato da archeologi rapaci europei. I colori degli affreschi sono un’armonia di toni, dal verde mare all’ocra scuro, i disegni hanno un’eleganza di tratto ritrovata spesso in opere indiane. In tutto sono cinquecento ma quelle visitabili solo quaranta. Qui è stata ritrovata anche la più antica libreria del mondo, innumerevoli manoscritti in cinese, sanscrito, sogdiano, tibetano, turko runico, iuguro e in lingue sconosciute, dipinte su carta o su seta finissima. Saliamo sulle dune di sabbia a Mingsha. In lontananza i cammelli, morbidi e pelosi, gli occhi vivissimi sotto lunghe ciglia nere. I loro fianchi ondeggiano come quelli di una ragazza civettuola che vuol farsi notare sui tacchi alti, quando corrono è uno spettacolo! A sera ognuno porta “al guinzaglio” il proprio cammello a casa pedalando veloce sulla bicicletta, una lunga processione di ombre ondeggianti e brontolone.
La pista delle carovane terminava a X’ian. Ecco il famoso Esercito di Terracotta: pronto alla battaglia, i comandanti al loro posto stanno per dare il segnale. I volti sono preoccupati, sorridenti, fieri, impauriti. I soldati semplici sono a capo scoperto coi lunghi capelli annodati sul lato destro della testa. Gli ufficiali hanno copricapo di stoffa rigirata in pieghe, legati sotto il mento. La loro corazza è più lunga e indossano uno o più fiocchi, a seconda del grado, annodati al petto e sulla spalla. X’ian ha più di 2 milioni e mezzo di abitanti, con vie affollate di biciclette, nere, pesanti e senza fanale. In questa antica città ci sono molti luoghi da visitare, a partire dalla camminata sulle antiche mura e il nuovo Museo Storico dello Shaanxi dove troviamo preziosi reperti che vanno dal 1600 a.C. alla dinastia Quing. Ai tempi di Marco Polo X’ian era una città cosmopolita, ricca di mercanti persiani e arabi, ogni comunità aveva il suo quartiere e il suo tempio, era la città più grande del mondo.
C’è anche uno strano mercato di medicine tradizionali cinesi: serpenti essiccati, gusci di tartarughe, innumerevoli tipi di radici e tuberi, insetti essiccati grandi e piccoli. Consumiamo i nostri pasti nei piccoli ristoranti che sorgono innumerevoli per le strade del centro: riso, wanton al vapore o fritti. La cena è rigorosamente entro le cinque e mezzo, altrimenti si rischia di rimanere digiuni! Ormai posso consumare il pasto usando le bacchette anche se i commensali cinesi continuano a ridere.
Se tornassi qui ogni mese stenterei a riconoscere le città. Da un giorno all’altro demoliscono e costruiscono. Dove si allungavano file di banchetti con oggetti di artigianato ora si ergono grandi magazzini dove vendono di tutto, dai fiammiferi alle motociclette. Gli uomini per strada somigliano sempre più a cittadini di Londra, indaffarati coi loro nuovi telefoni cellulari.
Testo e Foto di Letizia Del Bubba
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